venerdì 3 marzo 2017

Voce sono. Per una consapevolezza vocale_2

L'apparato vocale e la respirazione


L'apparato vocaleNella ricerca in ambito vocale sono state evidenziate una serie infinita di connessioni tra corpo, psiche, organi sensoriali, ambiente e suono.Sono state fatte molte ricerche sulla connessione tra corpo e vocalità e sulle emozioni trasmesse ad un ascoltatore in un ambiente di osservazione diretta partecipe. Sono stati osservati gli effetti di Yoga, Shiatsu, Reiki, Meditazione sulla funzione vocale. Queste tecniche sono finalizzate in modi diversi al rilassamento profondo, alla centratura della mente, al contatto con il proprio corpo, all'ascolto delle tensioni in esso presenti, all'attenzione e all'armonizzazione del respiro. I nostri blocchi fisici spesso derivano da tensioni emotive non ascoltate e non curate, agiscono sul nostro stato in modo silente. Le pratiche sopra descritte possono contribuire a armonizzare le tensioni del corpo e a lavorare sullo stato psico-fisico per riconoscere traumi, paure, blocchi che possono avere natura diversa e spesso origini antiche e consolidate nel tempo.Al fine di riconoscerla come strumento di relazione e di espressione occorre conoscere le sue parti costitutive e il loro funzionamento. Conoscere la fisiologia del nostro apparato vocale è funzionale a sapere quali meccanismi si attivano nell'atto del cantare o dell'emettere dei suoni con la voce.Per Pier Luigi Postacchini, medico chirurgo, musicoterapeuta presidente Onorario dell’A.P.I.M (Associazione Professionale Italiana Musicoterapeuti,) lo studio della vocalità rappresenta da sempre un groviglio di complessi problemi teorici e di pratiche. La voce ha una grande importanza qualitativa e quantitativa in ambito terapeutico. Postacchini ha ripreso e studiato il lavoro sull'apparato vocale di Gilles Léothaud, che, in Classificazione universale delle tecniche vocali (2005), descrive le basi fisiologiche per una descrizione della prosodia. Il termine prosodia deriva dal latino e a sua volta dal greco, è composto da “pros” che significa “verso” e odè che significa “canto”. E' la parte della linguistica che studia l'intonazione, il ritmo, la durata e l'accento del linguaggio parlato e dei suoi parametri: intonazione, ritmo, durata, accenti ecc. Postacchini, dal suo duplice punto di vista, clinico e musicoterapico, si stupisce e sorride del fatto che nessuna classificazione organologica descriva l'organo vocale come uno strumento musicale.Vediamo brevemente com'è fatto l'apparato vocale nelle sue componenti essenziali.L'apparato vocale è uno strumento a fiato che produce energia sonora facendo vibrare l'aria espirata. E' distinto in tre aree anatomico-funzionali:
  • i polmoni, i bronchi e la trachea. Questi sono il mantice che fornisce l'aria espirata;
  • la glottide, lo stretto canale attraverso cui sale l'aria, dove sono presenti le corde vocali;
  • la faringe, la bocca e il naso. Sono lo spazio di risonanza dove il suono prende corpo per poi uscire all'esterno.
Il mantice polmonare è una struttura elastica che si appoggia sul diaframma, il muscolo che si contrae e si rilassa durante la respirazione. Il mantice polmonare produce una corrente d'aria espirata che contiene l'energia necessaria per produrre le vibrazioni sonore. La regolazione della muscolatura respiratoria (diaframma, polmoni) determina l'intensità e la durata dell'emissione. Durante la contrazione che si ha nell'inspirazione, il diaframma si sposta in basso aumentando di molto il volume toracico; lo spostamento è normalmente di circa 1,5 cm, ma può arrivare a 7 cm nell’inspirazione profonda. Normalmente la durata dell'espirazione è maggiore di quella dell'inspirazione. Varia molto e, in particolare quando si canta, si può arrivare ad un'espirazione della durata di 25 – 40 secondi.La trachea è un tubo di carico e scarico dell'aria, chiuso superiormente dalla laringe, una valvola capace di funzionare, di volta in volta, da saracinesca o da generatore di suono. Un sistema muscolare di sospensione collegato alla laringe si collega al cranio e tiene appesi trachea e polmoni.Il canale vocale è un tubo di risonanza, di forma, lunghezza e volume variabili, capace di modulare timbricamente per risonanza il suono generato dalla laringe.Le corde vocali rappresentano un sistema vibrante messo in movimento dall'energia fornita dell'aria espirata. Le variazioni della tensione delle corde vocali modifica la frequenza della vibrazione. Ogni aumento della pressione endotracheale e della velocità dell'aria nella glottide modifica l'ampiezza della vibrazione. La frequenza della vibrazione delle corde vocali genera l'altezza del suono emesso, cioè la voce più grave o acuta.Gli spazi di risonanza, la bocca e il naso, determinano la ripartizione tra le frequenze armoniche che danno il carattere del suono. Le variazioni di forma della cavità buccale sono date dal complesso sistema della muscolatura che regola bocca e lingua.La vocalità necessita di aria, quindi di respiro. Ogni giorno facciamo dai 20.000 ai 30.000 respiri, spesso senza accorgercene. Il respiro infatti è il nostro primo atto vitale.In un ottica musicoterapica che abbracci una visione olistica dell'essere umano occorre descrivere brevemente l'atto respiratorio per poi considerarne gli aspetti più espressivi, emotivi e relazionali.


La respirazioneLa respirazione avviene in due fasi: l’inspirazione e l’espirazione. L’espirazione avviene come conseguenza della inspirazione. Durante l’inspirazione l'aria, ricca di ossigeno, entra nei polmoni. Questi e la cassa toracica si espandono, il diaframma si appiattisce e si abbassa, i muscoli intercostali si contraggono e spingono in alto e in fuori. Più intensa è l'azione dei muscoli intercostali più aria entra nei polmoni. Durante l’espirazione il mantice si svuota, i muscoli e il diaframma si rilasciano, l'aria povera d'ossigeno e ricca di anidride carbonica viene espulsa, la gabbia toracica si restringe, i polmoni si rimpiccioliscono. Il respiro è un'attività del nostro corpo strettamente connessa alle funzioni vitali dell'intero organismo: ad ogni inspiro l'emoglobina fissa l'ossigeno nel sangue per poi rilasciarlo dove serve nel nostro corpo. Respirare bene, in modo regolare e completo aiuta le funzioni biologiche del nostro organismo, ma è congiuntamente in relazione con le nostre attività emozionali. Paura, rabbia, tristezza, gioia, disgusto sono le emozioni primarie che trovano espressione nel nostro corpo in vari modi. Il respiro è un veicolo immediato, istintivo, che fa da mediatore tra l'insorgenza dell'emozione e la sua armonizzazione psicofisica. Quando abbiamo paura il nostro respiro diventa veloce, serrato, irregolare. Quando invece siamo sereni e tranquilli il nostro respiro è calmo, regolare, armonico.Ci sono tre modalità di respiro: diaframmatico, toracico e clavicolare. Nella respirazione diaframmatica, o bassa respirazione il diaframma si abbassa sull’addome e comprime gli organi interni. Questa è la respirazione normale maschile. Nelle donne l'eccessiva pressione causata dal diaframma potrebbe infatti creare danni al feto. Non a caso, durante la gravidanza si può notare uno spontaneo sollevamento della volta diaframmatica. Ad ogni modo questo tipo di respirazione consente di accumulare una più grande quantità di ossigeno, ma lascia la parte alta dei polmoni senza areazione. Nella respirazione toracica, o media respirazione, il diaframma si solleva e l’addome rientra, le costole consentono una certa estensione della gabbia toracica. Il respiro clavicolare, o respirazione alta, consiste nel sollevare le costole e nell’alzare le clavicole e le spalle. L’addome rientra e la gabbia toracica, divenuta stretta, fa risalire il diaframma. Entra in gioco soltanto la parte superiore dei polmoni, la più piccola. L’aria che penetra nella gabbia toracica è minima, anzi insufficiente. La respirazione è completa quando si compone di tutte e tre le modalità. Queste vengono integrate in un unico movimento ampio ed armonico che permette di riempire interamente i polmoni dopo averli completamente svuotati dall’aria stagnante che permane al termine di una normale espirazione.Il Pranayama, l’arte yogica del respiro completo, che conosco per esperienza, prevede che si impari a portare consapevolezza al nostro respiro in modo che sia completo, lento, continuo, regolare, profondo, che sia modulato in funzione delle azioni che dobbiamo compiere perché ci sia sempre comunicazione tra il nostro nostro respirare e il nostro fare. Purtroppo spesso ci dimentichiamo di respirare in modo consapevole e questo condiziona il nostro agire. Il respiro e, di conseguenza, la voce riflettono lo stato in cui ci troviamo e gli automatismi e i comportamenti distorti in cui ci identifichiamo. Questi stati impediscono il più delle volte alla voce di liberarsi e alla persona di riconoscere la propria energia, portando a contrazioni e irrigidimenti muscolari diversi per ciascuno. Aiutare la respirazione è come un massaggio interno, corporeo e psichico; la distensione dei muscoli e delle zone contratte, porta la persona a percepire in modo diverso gli eventi esterni e le proprie emozioni, concedendosi il tempo per metterle a fuoco. La tensione lascia la presa e permette lo sblocco sensoriale. Talvolta il vuoto lasciato da quella tensione fa emergere manifestazioni profonde, spesso traumatiche e dolorose.In ambito musicoterapico ho dedicato attenzione all'osservazione dei respiri delle singole persone e mi sono resa conto di quanto ciascuno ha un modo di respirare particolare, che può cambiare improvvisamente o che può modificarsi progressivamente durante un incontro.In ciascun caso osservato durante le mie esperienze ho provato a utilizzare il suono per armonizzare lo stato psico-fisico del paziente. Il respiro è un veritiero indicatore di questo processo di cambiamento, non può mentire e descrive semplicemente ciò che è per quello che è. Un paziente può nascondersi dietro mille parole, ma non può farlo nel respiro, se non in modo volontario e forzato.Parlerò più avanti in modo approfondito dei singoli casi ma accenno qui qualche riflessione. La signora Piera, 77 anni, affetta da morbo di Alzheimer, ostentava un respiro ansioso e andava in apnea per qualche secondo, lamentando giramenti di testa e mancamenti di fiato. Durante il lavoro ho progressivamente compreso che usava in modo inconsapevole il respiro per difendersi dalle emozioni provate durante gli incontri. Cercava di interrompere l'azione sonora perché era causa di movimenti emozionali forti e sorprendenti.In un'altra esperienza sul campo Antonella, 50 anni, affetta da sindrome di Down, usava respirare sonoramente, sospirare e parlare per affermare la sua presenza, la sua identità nel gruppo di lavoro. Il suo respiro deciso, a volte forzato, era sintomo della liberazione di una personalità che rimaneva nascosta nella normale giornata quotidiana della cooperativa.Silvia, 40 anni, faceva grandi inspiri, con la bocca completamente spalancata e espiri lunghissimi, fino a non poterne più. Quando parlava le mancava il fiato, faceva lunghe frasi fino a non avere più aria nei polmoni. La sua voce roca e sforzata era segnale di fatica nelle relazioni con gli altri e il suo bisogno di riconoscimento sociale.A seguito delle osservazioni qui sopra narrate è possibile descrivere il circolo virtuoso che si attiva tra voce-respiro e respiro-voce. L'uso della voce è volto alla regolazione del respiro alla sua ossigenazione, che di riflesso, ne facilita l'uso. Lavorare sul respiro quindi permette di toccare i lati personali di un paziente più delicati prendendoli in modo trasversale, sfiorandoli dolcemente da una posizione non diretta ma altrettanto efficace.

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