mercoledì 22 marzo 2017

La prestazione a scuola

Sto conducendo una serie otto di incontri per sette classi (totale 56 ore) a scadenza bisettimanale in una scuola primaria della provincia di Lecco. Il mio progetto, consegnato alla dirigenza scolastica, prevede l'uso della musica e del canale sonoro (ritmo-melodia-armonia) per supportare lo sviluppo motorio, cognitivo e relazionale dei bambini. Il metodo di lavoro prevede il gioco come dimensione per sviluppare l'attenzione all'ascolto, la coordinazione motoria, lo scambio di ruoli. Il movimento, sempre associato al suono, permette ai bambini di modulare i propri interventi, la propria energia e aggressività.

Gli obiettivi dichiarati in sede progettuale sono:
  • sviluppare le prime conoscenze musicali attraverso la danza e il fare musica;
  • Supportare le competenze motorie, cognitive e relazionali fondamentali alla crescita dei bambini, con attenzione alla componente emotiva di ciascuno.
Il lavoro di gruppo permette di dare attenzione ai bambini che manifestano particolari difficoltà, disagi o limiti. E' compito della musicoterapista favorire l'integrazione di tali bambini modulando modi e tempi previsti dall'attività perché non siano un ostacolo al raggiungimento di obiettivi "produttivi" definiti, ma risorse e occasione di scoperta e apprendimento per tutto il gruppo. 
Gli obiettivi specifici di apprendimento comprendono: l'uso della danza per fare esperienza delle basi della musica: ritmo-melodia-armonia; lo sviluppo della memoria corporea e l'organizzazione spazio-temporale; l'uso del silenzio, delle pause e delle attese per dar spazio alla musica; la condivisione con il gruppo classe di emozioni significative; la valorizzazione di ogni componente del gruppo.

Le attività finora svolte hanno previsto differenti proposte, variate per le diverse età dei bambini. In generale ogni incontro si svolge secondo il seguente schema. I bambini si tolgono le scarpe e entrano nella palestrina. Si comincia con una/due danze di gruppo per il saluto iniziale, per sciogliere eventuali tensioni pregresse e entrare nel setting musicoterapico.  Ci si siede per terra in cerchio e si introduce l'argomento del giorno. Finora abbiamo lavorato sul senso ritmico e musicale dei nostri nomi, sui suoni della natura (in particolare la pioggia), sull'uso della voce e di un linguaggio fantasioso, abbiamo introdotto gli strumenti musicali per giocare con i ritmi base (2/4, 3/4, 4/4, 5/4), abbiamo ascoltato e suonato una musica d'insieme come un'orchestra.
A mio parere il progetto procede, i bambini sono partecipi e mi fanno grandi sorrisi quando mi incontrano nei corridoi della scuola.

Detto ciò, a metà progetto, vengo convocata dal gruppo insegnanti per fare il punto della situazione.
Mi viene criticato il metodo non direttivo, una morbidezza eccessiva nei confronti dei bambini difficili. Mi viene proposto di usare il metodo del maestro di ginnastica: cartellino giallo al primo richiamo, cartellino rosso (e espulsione) al secondo richiamo. Mi viene chiesto cosa stanno imparando i bambini, se e quando impareranno le note della scala musicale. Insomma, percepisco da parte delle insegnanti, una forte preoccupazione rispetto alla richiesta prestazionale verso i bambini. Mi "difendo" dicendo che quello che sto facendo con i bambini è scritto nel progetto consegnato prima di iniziare gli incontri. Inoltre la musicoterapia ha obiettivi ben diversi da un normale corso di musica, di sport o di una lezione scolastica. Non è previsto che i bambini imparino nulla di preciso, non ci sono aspettative prestazionali su di loro e non si deve arrivare da nessuna parte decisa in partenza. Questo è uno dei motivi per cui non ha senso concludere il percorso con uno spettacolo di fine anno (tanto desiderato delle maestre). Mi chiedono di poter leggere il programma degli incontri. Rispondo che non ho un programma preconfezionato. Il percorso prende forma da volta a volta, che ogni classe viaggia a velocità differenti e che quindi ogni incontro è speciale per quello che è. Preparo ogni incontro in funzione dell'andamento dell'incontro precedente. Chiedo alle maestre di provare ad osservare i loro bambini con altre lenti rispetto a quelle usate in classe. Ricordo che sono spesso loro stesse a farmi notare che durante gli incontri in palestrina alcuni bimbi si mostrano in modi mai visti, che a volte non li riconoscono. Suggerisco di notare come stanno i bambini, com'è il loro portato emozionale e cosa riportano in classe.
L'incontro si conclude con qualche nodo sciolto ma altrettanti perplessità, sia da parte loro che da parte mia.

Sicuramente ho imparato che la prossima volta sarà mio dovere far capire bene alle maestre la portata del progetto che porto, sciogliere i nodi più grossi per far sì che non si arrivi a metà progetto con queste fatiche (delle maestre). Inoltre resta una riflessione più ampia rispetto ai metodi scolastici e la loro chiusura verso metodi educativi diversi, che permettano agli educandi maggior respiro e più spazio alle diversità espressive di ciascuno.

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