venerdì 3 marzo 2017

Voce sono. Per una consapevolezza vocale_4

Meditazione con i suoni

Da circa due anni partecipo agli incontri di Meditazione con i suoni patrocinati dal Comune di Lissone e condotti da Guglielmo Nigro, musicoterapeuta e ricercatore in ambito della meditazione Vipassanā e dinamica. Il conduttore guida il gruppo in una serie di esperienze sensoriali e meditative durante le quali si utilizzano i suoni per alimentare una dimensione amorevole di accoglienza e trasformazione. Si usa il canto come strumento per esplorare, sentire, far vibrare il corpo, unirsi agli altri, lasciar andare aspettative e giudizi, calmare il corpo e la mente, ascoltare il silenzio dopo la pratica meditativa, in generale prendersi cura di sé e delle relazioni con gli altri. Attraverso semplici mantra musicali o esperienze di improvvisazione canora di gruppo ho sperimentato l'effetto benefico che questa pratica ha su di me. Questa esperienza è centrale nel mio percorso di crescita personale e apre una finestra di osservazione sulla mia strada professionale.E' fondamentale che il terapista faccia un continuo lavoro di centratura personale per poter accogliere il carico transfteriale del paziente e saper comprendere e trasformare il proprio controtransfert. Bisogna maturare una consapevolezza rispetto le proprie emozioni nella relazione con il paziente, le proprie preoccupazioni circa il carico narrativo ed emotivo che questi portano, la paura di deluderlo, di essere banale e così via. L'uso della voce durante la pratica di meditazione, sia in solitudine che con un gruppo, rappresenta un tuffo nel mondo interiore. Il canto porta fuori quello che c'è dentro, senza una finalità se non quella di essere nel momento presente. Dopo aver cantato per quindici-venti minuti una melodia molto semplice, con o senza riferimento verbale comprensibile, si ci dedica alla pratica e all'ascolto del silenzio. E' una dimensione particolarmente significativa, che si può percepire in tutta la sua forza. Questo silenzio è robusto, corposo, consistente. A volte si sente la fragorosità del silenzio, come se fosse alimentato proprio dal contrasto con il suono del canto che si è appena concluso o come se rispecchiasse il rumore di fondo di tutto l'universo. Alcune culture indiane ritengono che il silenzio corrisponda al suono dell'Universo tutto, ne abbia la stessa qualità sonora.


Il Canto di AvalokitesvaraDa circa due anni frequento un “Sangha”, ovvero una comunità di pratica di meditazione secondo gli insegnamenti del maestro Thích Nhất Hạnh (Nguyễn Xuân Bảo, 11 ottobre 1926), monaco buddhista di origine vietnamita, poeta e costruttore di pace che, insieme al Dalai Lama, è una delle figure più rappresentative del Buddhismo nel mondo. Gli incontri si svolgono in un ambiente di cura e attenzione, sono strutturati per facilitare un'educazione reciproca, una maggiore consapevolezza personale e una progressiva comprensione verso se stessi e il mondo circostante. Il Sangha mette a disposizione una stanza, calorosa e accogliente. In un clima di grande raccoglimento e disponibilità all'ascolto reciproco i partecipanti seguono una scaletta fatta di letture di testi di Thích Nhất Hạnh, meditazioni silenziose sedute o in altre posizioni, meditazioni silenziose camminate, meditazioni cantate e momenti di condivisione verbale.Durante gli incontri il canto accompagna le pratiche meditazione. In particolare mi vorrei soffermare su un brano, per il suo ampio significato trasformativo. E' il Canto di Avalokitesvara. È un'invocazione a Avalokitesvara che, secondo la tradizione buddista, fu un risvegliato. Fece il voto di essere d’aiuto a tutti gli esseri viventi, assistere ed essere di conforto ai sofferenti, fino all’eliminazione del dolore e per tutti gli esseri senzienti e il raggiungimento del Nirvana.Il canto si sviluppa in tre strofe, con una melodia molto semplice che si ripete con solo qualche nota variata. Il testo è il nome di Avalokitha che viene ripetuto tre volte nelle tre strofe con l'invocazione “Namo-Avalokiteshvara – ya”. Ha una velocità Largo, di circa 48 BPM (beats per minute) e si muove su una ritmica doppia, 6/4 per l'accompagnamento strumentale e 2/4 per il canto. Questa sovrapposizione genera un doppio binario ritmico. Per quanto la melodia sia molto semplice si deve modulare sull'estrema lentezza del brano e sull'apparente incongruenza del tappeto musicale. Questi fattori generano una difficoltà che mette alla prova il cantante. A un primo approccio questo brano sembra molto semplice poi, subito dopo, molto difficile, quasi irraggiungibile. Poi si comprende che per poterlo cantare bisogna agire un atteggiamento meditativo vero e proprio. Chi canta deve porre la propria presenza mentale nel qui e ora, nel canto, non può permettersi di “fare“ altro. Se, mentre si canta, la mente divaga e si dedica ad altri mondi, il canto diventa fastidioso e incomprensibile. Perde così ogni suo senso meditativo e trasformativo.Ecco che la meditazione può segnare una strada per maturare la presenza mentale, utile a vivere pienamente le azioni che compiamo. Questo è fondamentale se vogliamo essere presenti a noi stessi nelle azioni della nostra quotidianità. In un senso terapeutico questo atteggiamento può permettere di cogliere pienamente il presente fenomenico che si presenta nel setting con i pazienti. In musicoterapia è centrale la dimensione spazio-temporale. Il quando, il quanto dura, il dove avviene è la maggior parte di ciò che viviamo. Una volta avvenuto un oggetto esperienziale, si dilegua, non è più né nel tempo né nello spazio. Se il terapista non coglie l'essenza di questo evento, perde l'oggetto stesso del suo intervento. Non ha la possibilità di poterlo afferrare, accogliere e accudire. Ecco che l'attenzione al qui e ora diventa un postulato che sta alla base di qualunque relazione.


La dimensione di gruppoÈ molto interessante il potere del gruppo, in quanto dimensione di condivisione e di rinforzo. In un gruppo non siamo soli, possiamo sentire la protezione e l'accudimento da e verso gli altri, possiamo riconoscere, lasciar andare l'ansia di prestazione, attivare un ascolto di noi stessi e degli altri in un' ottica di condivisione e leggerezza. Nel gruppo di canto ciascuno è in relazione contemporaneamente con se stesso e con gli altri. Come spiega Bernardino Streito (2008), docente di Acustica Musicale e Prassi Vocale e Corale presso il Corso di Musicoterapia di Assisi, il canto di gruppo, o di coro, facilita relazioni di equivalenza, che siano al contempo riflessive (A con A), simmetriche (A con B e, contemporaneamente, B con A) e transitive (A con B, B con C, quindi A con C). Questo sistema si autoalimenta generando così una catena di buone pratiche, espressive, creative e terapiche. L'individuo è posto operativamente in una dimensione creativa, sia a livello socio-comunitario che identitario. Ciascuno diventa strumento di facilitazione per gli altri, in modo circolare, una sorta di uno per tutti e tutti per uno. Il gruppo diventa un campo controtransferiale: in un gioco di risonanze e rispecchiamenti si dà forma a una grande complessità di espressioni sonoro-musicali. Su ciascun membro, non solo sul terapista, potranno confluire, da parte di più soggetti, attribuzioni simboliche diverse. Nel gruppo si creano risonanza e rispecchiamento: nel gruppo il suono del singolo risuona in tutti, suscitando cinestesie e condivisioni di elementi emozionali. Avviene il mirroring, o rispecchiamento, che significa: negli altri vedo me stesso, gli altri vedono se stessi in me.


Il canto armonicoIl Canto Armonico può essere una pratica trasformativa di tipo terapeutico, interessante per la sua capacità di attingere al mondo interiore dell'individuo. È una particolare tecnica canora, non di immediata esecuzione, con cui è possibile emettere contemporaneamente due suoni. Solitamente si canta una nota continua che corrisponde alla normale voce, che tutti possono sentire e, contemporaneamente, si genera consapevolmente un suono più alto con il quale si può cantare intenzionalmente scale armoniche. È un’affascinante tecnica, antichissima e molto efficace per condurre facilmente a stati meditativi, per stimolare il cervello e per trovare salute e equilibrio. Anche in questo contesto mi sono sperimentata, mi sono abbandonata. Per quanto l'esperienza sia durata solo qualche incontro ho trovato un benessere e una grande gioia. Ero felice di poter condividere quel momento con altre persone, non cantanti, non esperti, curiosi e disposti al gioco.


Le Circle songsHo partecipato a gruppi di Circle Songs, tra adulti, non specialisti del canto e non professionisti. Le Circle Songs sono una forma di improvvisazione corale ideate da Bobby Mc Ferrin: in una dinamica di libera improvvisazione, un direttore, attraverso particolari moduli ritmico vocali, crea delle parti, assegnate gradualmente ai cantanti disposti a cerchio, ripetute in una sorta di spirale continua. Da questa mescolanza nasce lo sviluppo armonico, ritmico e melodico che crea un vero e proprio canto d'insieme. Ogni esperienza è unica, irripetibile, senza partitura, affidata in misure diverse al direttore e all'improvvisazione dei cantanti. Il controllo vocale viene ad unirsi al controllo respiratorio, necessario per ripetere una parte tante volte una dopo l'altra (loop). Lo stimolo è inoltre mnemonico e di ear-training, poiché il cantante deve ricevere la parte del direttore rapidamente e memorizzarla. Per questo motivo l’esperienza delle Circle Songs non è solo artistica, bensì educativa perché fa lavorare sull’orecchio, sulla memoria, sul ritmo, sul corpo, sul respiro e sulla voce.Trasportando questa esperienza in una misura terapeutica ho sperimentato l'uso della ricorsività del suonare e del cantare in loop con un paziente o con un gruppo per creare la dimensione dello stare, per il consolidamento di una relazione, la bellezza della ripetizione che abbatte la prestazione, il non dover fare qualcosa di speciale se non quello che si sta facendo. Lo stare lì può essere bello e basta.Può essere il paziente a proporre un pattern (cellula melodico-ritmica), che può essere improvvisato al momento oppure può essere il suono che lo caratterizza, evidente segno di una spirale interiore nella quale si è incastrato da tempo. La ripetizione, il rispecchiamento e le sintonizzazioni inesatte del terapista possono suscitare emozioni diverse, tra cui sorpresa, divertimento, rabbia. C'è sempre una risposta del paziente, che denota una connessione con la persona di fronte a lui, proprio lì, in quella melodia, in quella sonorità.Il terapista può proporre un pattern ripetitivo, che può aprire spazi di variazione e improvvisazione infiniti. Il paziente può stare in questa modalità e ci si può appoggiare per riposare, divertirsi, gioire, oppure può non accogliere e fuggire dalla proposta, per varie ragioni: l'ansia di cercare altro, il timore di fermarsi, la paura della relazione, e così via. In ogni caso spetta al conduttore leggere i segnali di risposta per modulare l'intervento in modo consapevole, misurato e non violento.Questa dinamica ricorsiva della circolarità inizia con un rispecchiamento ed è metafora di un processo graduale e continuo di rimodellamento nella relazione terapista-paziente. Di solito in musicoterapia si parla di rispecchiamento come di quella tecnica che permette al terapista di rimandare al paziente la sua immagine, rielaborata, amplificata. Ma prima di tutto è il paziente a offrirci un'immagine inedita di noi, dai primi attimi del primo incontro. Durante ogni momento della relazione, in particolare durante la seduta di musicoterapia, il terapista esplora se stesso rispecchiandosi nel paziente che ha di fronte. “La relazione terapeutica che costruiamo è un susseguirsi di continue scintille di consapevolezza (insight, vedere dentro, attraverso) sul nostro mondo psichico e fisico”, come dice Nigro. La crescita in un processo di cura non può essere mai considerata unilaterale, è un compito che non spetta solo al paziente. Sarebbe un'illusione infantile e pericolosa. La crescita e la trasformazione ci coinvolgono direttamente, al punto che se vogliamo essere specchio per il paziente, dobbiamo per prima cosa assorbire il riflesso della continua capacità di mettersi in discussione, di rielaborare e di cambiare.Tornando alle Circle Songs, tra le varie esperienze fatte mi sembra interessante citare un percorso di esplorazione fatto con Guillermo Rosenthuler, cantante e voice coach inglese. Riporto alcune esperienze fatte con un gruppo di adulti, musicoterapisti e/o cantanti.
  • In cerchio, in piedi. Risveglio del corpo con esercizi di massaggio corporeo, soprattutto nella zona della colonna vertebrale dove si radica il canto. Sonorizzazioni di vocali o sillabe che smuovono l'energia del corpo.
  • In cerchio, in piedi. Il conduttore assegna dei pattern sonoro-ritmici a gruppi di 3-4 persone. Si rompe il cerchio e si cammina da soli nello spazio cantando la propria cellula, incontrando e ascoltando gli altri. Si ritorna in cerchio non per forza al proprio posto riformando il coro che canta.
  • In cerchio, in piedi. Prove di conduzione di Circle Songs. Una persona assegna al cerchio un pattern sonoro-ritmico. Su questa base fa un'improvvisazione vocale, portando il gruppo alla conclusione usando la gestualità.
  • Gestualità che può usare un leader per condurre un gruppo vocale: Mani aperte verso il basso all'altezza del petto: il coro esegue un bordone all'unisono; Mani aperte con i palmi verso il petto: il coro esegue un bordone armonizzando le note; Una mano posizionata sul segnale di OK: il coro tiene la nota di bordone prolungata nel tempo.
  • In cerchio. Prove di improvvisazione pattern: il gruppo tiene un bordone fisso. I partecipanti, uno alla volta, improvvisano dei pattern vocali cercando di cambiare stile ogni volta rispetto alla persona precedente. Variante: cambio più veloce da una persona all'altra, ogni persona canta per una manciata di secondi.
  • In cerchio. Il coro tiene un bordone. Il conduttore annuncia una situazione musicale e un volontario la sonorizza (Mozart, heavy metal, un funerale spagnolo, il mercato di Napoli, un matrimonio balcanico, e così via).
  • A coppie (persone A e B): A vocalizza un pattern, B risponde copiandolo all'unisono. Dopo qualche attimo B si interrompe e introduce un altro pattern sovrapposto al primo. A ferma il pattern iniziale e copia all'unisono il pattern di B. Si continua con questo botta e risposta.
  • In cerchio. Una persona assegna un pattern alla sua metà cerchio. L'altra metà cerchio sta in silenzio. Una persona della seconda metà cerchio si inserisce assegnando un nuovo pattern alla sua metà cerchio. Si torna alla prima metà cerchio. Una persona si inserisce cambiando pattern. Si va avanti così. Si può fare anche con il cerchio diviso in tre-quattro parti.

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